Questo numero di Zapp sarà ancora in edicola quando, spinti come ogni anno dai rituali inviti agostani di stampa e televisione, alzeremo gli occhi al cielo durante la notte di San Lorenzo in cerca della sua pioggia di lacrime e ci accorgeremo, una volta di più, che le stelle sono sparite.
Gli occhi umani sono in grado di scorgere agevolmente stelle più deboli di magnitudine 6, stelle cioè circa cento volte meno luminose di Vega o quaranta volte meno della Stella Polare: circa 2100 stelle al di sopra dei 30 gradi dall’orizzonte. Oggi a Molfetta abbiamo difficoltà a scorgere stelle di magnitudine 3 e ne riusciamo così a vedere non più di una quarantina. Se ci allontanassimo un po’ dalla città ne riusciremmo a scorgere, con un po’ di fortuna, un paio di centinaia; ma anche sulle prime Murge non riusciremmo a contarne molte di più di 400, stentando, persino nelle notti più serene, a distinguere la Via Lattea.
Quel che è peggio è che il fenomeno è in aumento: nel 2025 la nostra galassia potrebbe essere completamente invisibile in ogni parte d’Italia.
La Ville Lumiére fu la prima città al mondo a sperimentare quello che oggi chiamiamo inquinamento luminoso: il viaggiatore che arrivava a Parigi nella seconda metà del XIX secolo era colpito dal suo cielo vuoto, orbato dalle stelle cancellate dalla illuminazione stradale: era come se la volta celeste fosse stata rivoltata e gli astri precipitati sulla terra.
E non si trattava solo di luci, sembrava proprio che l’iperuranio stesso fosse stato svuotato di ogni dio da una civiltà materialistica e razionale che non cercava più nel cielo, nei diagrammi delle costellazione, nei precisi transiti degli astri e nei fili che si tendevano fra quelli e gli umani le ragioni e il senso di ciò che accade.
«Non c’è nessuno di voi, cari colleghi, che non abbia visto la Luna o, quantomeno, che non ne abbia sentito parlare». In Dalla Terra alla Luna Jules Verne fa iniziare così la comunicazione che il presidente Impey Barbicane tiene a beneficio degli altri soci del Gun Club. Non si tratta solo di humor anglosassone così come lo poteva descrivere uno scrittore francese: a che serviva più alzare la testa per scrutare il cielo? Perché mai interessarsi della Luna e delle sue fasi? Era qui su questa terra che ormai vivevano dei e miti, lassù solo palle di gas incandescente. C’era in quegli anni di modernità nascente un disinteresse crescente per le cose del cielo che poteva essere ravvivato solo guardando allo spazio come a un territorio di conquista.
A poco a poco, le stelle hanno cominciato ad oscurarsi dappertutto. Lampione dopo lampione anche le città più piccole hanno cominciato a sfidare il cielo.
Oggi, secondo l’Organizations against light pollution in EU (www.savethenight.eu), il 99% della popolazione dell’Unione Europea vive in aree dove il cielo notturno è inquinato, il 90% vive sotto una luce artificiale perenne equivalente a quella emessa dalla luna piena, per più del 60% la “notte” non arriva veramente mai, quasi il 50% ha perso la possibilità di vedere la Via Lattea, galassia in cui viviamo, e circa il 15% non ha mai guardato il cielo con gli occhi adattati alla visione notturna a causa dell’alta luminosità del cielo.
Negli ultimi 40 anni c’è stato un aumento di luminosità di circa il 10% ogni 12 mesi e la notte risulta ormai almeno 10 volte più chiara di quanto dovrebbe essere naturalmente.
Circa il 30% della luce emessa dall’illuminazione stradale viene dispersa verso il cielo con un inutile spreco di energia che provoca il disorientamento degli animali migratori e disturbi nei cicli circadiani degli uomini.
Dopo l’ultimo forte terremoto che colpì la città di Los Angeles nel dicembre del 2003 i centralini telefonici degli Istituti scientifici locali furono presi d’assalto da cittadini che chiedevano che cosa fosse successo al cielo: la sospensione dell’energia elettrica in moltissime zone della città aveva reso visibile il cielo stellato rimasto fino allora praticamente sconosciuto a una città in cui ormai a stento di notte si riesce a vedere la luna piena.
Eppure c’è forse qualcuno che potrebbe dar torto al vecchio del Villaggio dei mulini che in Dreams di Kurosawa chiede: «Chi potrebbe desiderare un cielo senza stelle?» Nel 1992 l’UNESCO ha dichiarato il cielo stellato “patrimonio mondiale dell’umanità”.
In Italia nessuna delle varie proposte di legge contro l’inquinamento luminoso è riuscita a completare il suo iter, in compenso 13 regioni, fra cui la Puglia dal 2005, si sono date delle normative in materia. Oggi tutti i nuovi apparecchi per l’illuminazione stradale devono avere un livello di emissione pari a zero al di sopra dei 90° e tutti i vecchi apparecchi dovranno essere sostituiti entro i prossimi 5 anni. Oltre a permetterci di vedere qualche stella in più questo consentirà alla sola città di Molfetta di risparmiare almeno 250 mila euro all’anno.
…
Verne scrisse e ambientò Dalla terra alla Luna nel 1865. Morì nel 1905, anno in cui mio nonno aveva sette anni. Ne aveva dodici quando nel mese di gennaio la municipalità di Molfetta diede ordine di spegnere per alcune ore della sera l’illuminazione stradale, a gas, per permettere ai suoi cittadini di godere della magnifica vista della grande cometa che occupava quasi metà del cielo. La vista di quell’astro e dell’altra cometa, quella di Halley, la cui coda qualche mese dopo fu attraversata dalla Terra scatenando paure di tutti i tipi, trasmise a mio nonno, nonostante fosse semianalfabeta, una grande passione per l’astronomia che lo fece tornare dall’America, dove era poi emigrato, carico di libri di Flammarion.
Gli occhi umani sono in grado di scorgere agevolmente stelle più deboli di magnitudine 6, stelle cioè circa cento volte meno luminose di Vega o quaranta volte meno della Stella Polare: circa 2100 stelle al di sopra dei 30 gradi dall’orizzonte. Oggi a Molfetta abbiamo difficoltà a scorgere stelle di magnitudine 3 e ne riusciamo così a vedere non più di una quarantina. Se ci allontanassimo un po’ dalla città ne riusciremmo a scorgere, con un po’ di fortuna, un paio di centinaia; ma anche sulle prime Murge non riusciremmo a contarne molte di più di 400, stentando, persino nelle notti più serene, a distinguere la Via Lattea.
Quel che è peggio è che il fenomeno è in aumento: nel 2025 la nostra galassia potrebbe essere completamente invisibile in ogni parte d’Italia.
La Ville Lumiére fu la prima città al mondo a sperimentare quello che oggi chiamiamo inquinamento luminoso: il viaggiatore che arrivava a Parigi nella seconda metà del XIX secolo era colpito dal suo cielo vuoto, orbato dalle stelle cancellate dalla illuminazione stradale: era come se la volta celeste fosse stata rivoltata e gli astri precipitati sulla terra.
E non si trattava solo di luci, sembrava proprio che l’iperuranio stesso fosse stato svuotato di ogni dio da una civiltà materialistica e razionale che non cercava più nel cielo, nei diagrammi delle costellazione, nei precisi transiti degli astri e nei fili che si tendevano fra quelli e gli umani le ragioni e il senso di ciò che accade.
«Non c’è nessuno di voi, cari colleghi, che non abbia visto la Luna o, quantomeno, che non ne abbia sentito parlare». In Dalla Terra alla Luna Jules Verne fa iniziare così la comunicazione che il presidente Impey Barbicane tiene a beneficio degli altri soci del Gun Club. Non si tratta solo di humor anglosassone così come lo poteva descrivere uno scrittore francese: a che serviva più alzare la testa per scrutare il cielo? Perché mai interessarsi della Luna e delle sue fasi? Era qui su questa terra che ormai vivevano dei e miti, lassù solo palle di gas incandescente. C’era in quegli anni di modernità nascente un disinteresse crescente per le cose del cielo che poteva essere ravvivato solo guardando allo spazio come a un territorio di conquista.
A poco a poco, le stelle hanno cominciato ad oscurarsi dappertutto. Lampione dopo lampione anche le città più piccole hanno cominciato a sfidare il cielo.
Oggi, secondo l’Organizations against light pollution in EU (www.savethenight.eu), il 99% della popolazione dell’Unione Europea vive in aree dove il cielo notturno è inquinato, il 90% vive sotto una luce artificiale perenne equivalente a quella emessa dalla luna piena, per più del 60% la “notte” non arriva veramente mai, quasi il 50% ha perso la possibilità di vedere la Via Lattea, galassia in cui viviamo, e circa il 15% non ha mai guardato il cielo con gli occhi adattati alla visione notturna a causa dell’alta luminosità del cielo.
Negli ultimi 40 anni c’è stato un aumento di luminosità di circa il 10% ogni 12 mesi e la notte risulta ormai almeno 10 volte più chiara di quanto dovrebbe essere naturalmente.
Circa il 30% della luce emessa dall’illuminazione stradale viene dispersa verso il cielo con un inutile spreco di energia che provoca il disorientamento degli animali migratori e disturbi nei cicli circadiani degli uomini.
Dopo l’ultimo forte terremoto che colpì la città di Los Angeles nel dicembre del 2003 i centralini telefonici degli Istituti scientifici locali furono presi d’assalto da cittadini che chiedevano che cosa fosse successo al cielo: la sospensione dell’energia elettrica in moltissime zone della città aveva reso visibile il cielo stellato rimasto fino allora praticamente sconosciuto a una città in cui ormai a stento di notte si riesce a vedere la luna piena.
Eppure c’è forse qualcuno che potrebbe dar torto al vecchio del Villaggio dei mulini che in Dreams di Kurosawa chiede: «Chi potrebbe desiderare un cielo senza stelle?» Nel 1992 l’UNESCO ha dichiarato il cielo stellato “patrimonio mondiale dell’umanità”.
In Italia nessuna delle varie proposte di legge contro l’inquinamento luminoso è riuscita a completare il suo iter, in compenso 13 regioni, fra cui la Puglia dal 2005, si sono date delle normative in materia. Oggi tutti i nuovi apparecchi per l’illuminazione stradale devono avere un livello di emissione pari a zero al di sopra dei 90° e tutti i vecchi apparecchi dovranno essere sostituiti entro i prossimi 5 anni. Oltre a permetterci di vedere qualche stella in più questo consentirà alla sola città di Molfetta di risparmiare almeno 250 mila euro all’anno.
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Verne scrisse e ambientò Dalla terra alla Luna nel 1865. Morì nel 1905, anno in cui mio nonno aveva sette anni. Ne aveva dodici quando nel mese di gennaio la municipalità di Molfetta diede ordine di spegnere per alcune ore della sera l’illuminazione stradale, a gas, per permettere ai suoi cittadini di godere della magnifica vista della grande cometa che occupava quasi metà del cielo. La vista di quell’astro e dell’altra cometa, quella di Halley, la cui coda qualche mese dopo fu attraversata dalla Terra scatenando paure di tutti i tipi, trasmise a mio nonno, nonostante fosse semianalfabeta, una grande passione per l’astronomia che lo fece tornare dall’America, dove era poi emigrato, carico di libri di Flammarion.
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Postilla 05/12/2007
“Considerare”, cum sidera, cioè porre insieme le stelle a tracciare costellazioni e, dunque, forme e senso e narrazioni. Ma anche sentirsi tutt’uno con il cielo e, per via di tale empatia, divinare, trarre auspici.
“Desiderare”, de sidera, volgersi via dal cielo.
Il desiderio comporta la mancanza della cosa desiderata, la rottura dell’unità originaria: la perdita della capacità di “considerare”, di sentirsi tutt’uno con le stelle.
“Desiderare”, de sidera, volgersi via dal cielo.
Il desiderio comporta la mancanza della cosa desiderata, la rottura dell’unità originaria: la perdita della capacità di “considerare”, di sentirsi tutt’uno con le stelle.
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