sabato 1 ottobre 2005

La provincia come luogo dell'anima


La provincia è un modo di sentire e di mettersi in relazione con le cose, con le persone, con ciò che accade. Essere provinciale e abitare in provincia non è necessariamente la stessa cosa: se è vero che chi abita in provincia è necessariamente, inevitabilmente un provinciale, è altrettanto vero che anche chi vive nel “centro” è spesso un provinciale dell'anima.
Per definizione la provincia è ciò che gravita intorno ad un centro: un luogo cioè lonta­no dall'effervescenza dell'innovazione. Un luogo più o meno sonnolento ed eternamente in ritardo nel recepire i mutamenti del costume e, pure, eternamente diviso fra la volontà di imitare il centro e quella di conservare invece le sue tradizioni.
Ecco, alla base della provincialità c'è questa schizofrenia che porta ad accettare o rifiutare con la stessa passionalità e con mancanza di critica o eccesso di critica tutto ciò che viene dal centro. Per questo il provinciale è inevitabilmente un idealista: così ce l’ha rappresentato anche Voltaire. Un’anima "pura", coltivata nell'illusione di ideali elaborati nel centro ma che la frenetica attività della vita ha già, in quel centro, trasformato in inutili fardelli. Nella provincia i valori acquistano una astrattezza tutta particolare: diventano affermazioni di principio lontanissimi dalla materialità dei rapporti.
La provincia è un continuo precipitare verso un centro che non viene mai rag­giunto; è un continuo essere distratti da una traiettoria sempre modificata; un'illusione, un'allucinazione, un sognare ad occhi aperti un mondo che non c'è più o un mondo che non sarà mai.
Ma questo lacerante conflitto fra l'illusione del nuovo e quella del vecchio non è sempli­cemente qualcosa che si incarna in fazioni o partiti contrapposti: è piuttosto una ferita che segna l'anima del provinciale, e che lo porta ad assumere modi di pensiero e di comporta­mento estranei ed eterogenei, senza storia e tradizione e ad accostarli facendoli convivere con schemi di interpretazione e di comportamento vecchi di secoli, senza preoccuparsi della loro possibile conciliazione, in un furibondo, sgangherato e spesso comico e surreale bricolage: come un punk-a-bestia molfettese che canta la Sant’Allegreza.

La provincia, l'ho già detto è un luogo mentale: il luogo delle opinioni senza fondamen­to, dei luoghi comuni, il regno del kitsch incontrastato e trionfante; è il luogo della coloniz­zazione delle coscienze: ci si adegua al nuovo con lo stesso spirito col quale si accetta il vecchio. Massimo è lo iato fra il mondo narrato ed il mondo reale; massimo lo sforzo di ade­guamento a quel mondo narrato che pure appare irraggiungibile; massima la cecità nel cogliere le differenze con quel mondo; manca alla provincia uno specchio in cui guardarsi e prendere coscienza di sé: quelli che crede specchi le rimandano invece immagini di altre cose, di altri tempi, di altri pensieri. (Uno specchio vero trasformerebbe infatti la provincia in centro).
È in provincia che le inquietudini dell'anima raggiungono il loro culmine: casi di cronaca nera, da quello di Pietro Maso a quello di Erba, potrebbero avvenire con quei corollari di ottusa balordaggine in luoghi centrali dell'anima, senza quel senso di soffocamento, di mancanza di prospettive, di confusione morale, di repressione dei desideri e di tranquille banalità?
È la provincia a scandire a livello profondo il tempo delle trasformazioni sociali e culturali di un paese.

Eppure lo scoprirsi provinciali è foriero di straordinarie accelerazioni di pensiero: sco­prirsi piccolo, lontano dai centri di decisione, in balia di avvenimenti che hanno poco o nulla a che fare con la propria vita, porta ad un radicale ripensamento sui valori e sulle verità accettate. Porta ad acquisire un punto di vista privo di coordinate, uno sguardo straniato, lo sguardo puro di chi si trova di un passo discosto dagli eventi e guarda dubbio­so di tutto all'infuori del proprio guardare.
Come Copernico terrorizzato dalle proprie scoperte, o Galileo irriso per quello che dice, chi guarda in questo nuovo modo avverte la provincializzazione del mondo intero: la vita ridotta a "scheggia" elettronica, a "blob" televisivo: un vortice inumano di informazioni che ci avvolge e ci impedisce di vedere. Siamo in un periodo di tale accelerazione della storia e delle informazioni che l'ottusità della provincia è divenuta la modalità di risposta del mondo intero. Lo shock culturale permanente, lo spiazzamento di fronte al nuovo è cosa che accomuna l'abitante di New York a quello di Canicattì: la conseguenza è che l'accelerazione delle informazioni, invece che generare fratellanza sulla base della reciproca conoscenza, risveglia paure irrazionali.

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