venerdì 2 febbraio 2007

Vongole, pappagalli e altri alieni




Qualche settimana fa al sindaco di Molfetta è arrivata la richiesta di attivarsi per eliminare la presenza dei pappagalli che, ormai da vent’anni, si sono insediati nel quartiere della Madonna della Rosa. I pappagalli – si dice nella lettera del comitato di quartiere – sono dannosi e disturbano gli abitanti, hanno distrutto alberi da frutto e ornamentali, emettono continuamente grida stridule “con grave inquinamento acustico”, per non parlare poi dei loro escrementi, fonte di probabile diffusione di virus. Si chiede dunque di provvedere alla bonifica e, al fine di rimuovere in maniera “incruenta” tale fonte di “inquinamento ambientale”, si suggerisce di reclutare squadre di falconieri che costringano gli esotici volatili in aree dove possano essere catturati per essere infine collocati in “ambienti a loro congeniali”.
I pappagalli “Monaco” hanno colonizzato quasi tutto l’agro molfettese e perfino alcune aree urbane. Passata l’iniziale curiosità e simpatia, la loro presenza viene sempre più spesso percepita come invasiva e fastidiosa: non stupisce quindi che vi possano essere cittadini che ne chiedano l’allontanamento. Per di più – sostengono gli estensori della lettera – i pappagalli sarebbero stranieri, la loro specie sarebbe “non autoctona, né congeniale con il nostro ambiente”: allontanarli significherebbe dunque solo ripristinare lo stato naturale delle cose.
Ora io vorrei invitarvi a compiere un esercizio: alzate la testa da questa pagina e guardatevi intorno. Spingete lo sguardo fin dove potete e poi ditemi: riuscite a scorgere qualcosa, animata o inanimata che sia, che si trovi lì dov’è, senza che l’uomo c’entri in qualche modo? Qualcosa che è lì dove si trova in virtù dell’agire naturale delle cose? Pareti, infissi, poltrone foderate di qualcosa che una volta era pelle di animale, librerie, intonaci, fili elettrici, DVD, specchi, flaconi di detersivo, di queste cose ci circondiamo all’interno delle mura domestiche dove, se c’è qualcos’altro di vivo oltre agli esseri umani, si tratta di piante di specie esotiche o comunque selezionate per poter resistere all’eterna primavera delle nostre case, oppure di animali addomesticati o provenienti da paesi lontani che vengono custoditi in acquari o terrari o comunque in ambienti opportuni.
Se lasciate proseguire lo sguardo oltre la finestra, la cosa non cambia: i rari alberi che spuntano tristi fra il cemento, l’asfalto e le lamiere sono lì a seguito di un appalto o di qualche altro atto amministrativo; se ci sono cani o gatti randagi, è perché condividono con noi la sorte dell’esistenza da migliaia di anni, come peraltro fanno i topi.
Forse vi rallegrerete al passaggio di qualche uccello e mi farete notare come i volatili di sicuro non prendano ordini dall’uomo. Ma osservate meglio: i gabbiani nel loro tragitto giornaliero si spostano dalle discariche ai pontili, i piccioni si vanno a scaldare al sole sulle cupole del Duomo, le gazze scelgono di frequentare i cortiletti e gli storni si ammassano sui fili del telefono. I rondoni nidificano nei sottotetti o nelle fessure dei muri e gli svassi trovano nel porto un tranquillo luogo di pesca: gli uccelli si sono adattati al nostro mondo.
Allora gli insetti, direte voi: quelli di certo vanno per il mondo dove più gli conviene, non siamo certo noi ad invitarli. Ciò non toglie che non per nostra volontà, ma sicuramente in ragione del nostro agire molti di essi trovino i luoghi più adatti al loro proliferare negli insediamenti umani. E, per di più, se tanti ne sterminiamo, tanti li distribuiamo per il mondo grazie alle nostre navi e ai nostri aerei.
A questo punto, forse esasperati dal mio argomentare, potreste decidere di uscire di casa e andare a fare un giro per la campagna, finalmente a contatto con la Natura, dove quanto sostengo certo non potrà essere vero. Ma anche lì dovreste riflettere sul fatto che pressoché nessun albero crescerebbe dove si trova se non fosse stato piantato da un uomo. E, come se non bastasse, potreste scoprire, affidandovi ad un buon libro di botanica, che le piante esotiche non solo sono in numero sorprendentemente elevato, ma addirittura sono diventate elementi caratterizzanti del nostro paesaggio.
Fichi d’india e bougainvillee, ailanti, eucalipti, palme, araucarie, cedri, ma anche alberi da frutto come pesche e arance dolci, sono tutte piante entrate a fare parte del nostro paesaggio in un’epoca sorprendentemente recente. Pomodori, patate, peperoni, melanzane: riuscireste ad immaginare la dieta mediterranea senza queste verdure? Eppure si tratta di specie tutte originarie delle Americhe.
Abbiamo sconvolto gli ecosistemi di tutto il mondo portando conigli in Australia, cavalli, pecore e vacche spagnoli in America, cani, maiali, ratti e scimmie alle Mauritius. Abbiamo cancellato dalla faccia della terra il leone della Tasmania, il dodo, il grande coniglio senza coda della Sardegna, l’orso dell’Atlante, la volpe delle Falkland, il puma del Wisconsin, lo stambecco dei Pirenei, e infine, ultimo in ordine di tempo, il delfino bianco di fiume cinese. Sulle nostre tavole le vongole veraci filippine, introdotte nel nord Adriatico da ricercatori italiani, hanno ormai soppiantato anche nel nome le nostre vongole che adesso al mercato, quando si trovano, sono vendute con il triste nome di “lupini di mare”.
Le nuvole, allora. Che c’entriamo noi con le nuvole? Quelle vanno, vengono, possiamo solo scrutarle, noi!
So che mentre pensate queste cose una certa inquietudine affiora in cuor vostro: il tempo impazzito vi fa allignare leciti dubbi. Abbiamo perforato lo strato di ozono, surriscaldato il pianeta, stiamo esaurendo le riserve di petrolio e cerchiamo giustificazioni morali per scacciare via un migliaio di multicolori vivaci chiassosi pennuti?
Per fare cose giuste non servono giustificazioni. Ma forse è proprio questo il punto: ci deve essere qualcosa nell’animo di chi vuole l’allontanamento dei pappagalli che si intrufola da sotto l’esasperazione e il fastidio e gli fa forse nutrire dei dubbi sulla liceità morale di quello che chiede.
I Monaco non sono arrivati a Molfetta di loro spontanea volontà: in Argentina erano felici come posso esserlo gli animali che si trovano nel proprio habitat. Certo non c’era fra le loro aspirazioni quella di attraversare l’oceano per venire a nidificare su alberi australiani nella campagna pugliese.
Sono stati catturati, messi in gabbia, spediti dall’altra parte del globo. Quelli che sono sopravvissuti al viaggio sono finiti a guardare da dietro le sbarre il cielo di cui erano padroni. Eppure non avevano commesso alcun crimine.
Piccola perplessità per concludere: nella lettera si parla genericamente di insediamento della specie nel quartiere, trascurando di dire che i pappagalli Monaco non sono una specie migratoria e si sono moltiplicati a partire da una coppia fuggita da una voliera: si chiede insomma di intervenire con soldi pubblici per rimediare a un danno provocato da privati.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Perfettamente d'accordo con l'autore del blog...
Certamente, i pappagallini sono chiassosi, distruggono gli alberi da frutto ed i relativi raccolti, ma che colpa ne hanno se qualcuno ha aperto la gabbia in cui erano confinati e gli ha concesso la chance della libertà?
E poi, non vediamo solo i fatti "negativi per noi" e cominciamo, per esempio, ad apprezzare la loro capacita' di adattamento quando osserviamo i loro nidi abbarbicati sui tralicci che reggono l'illuminazione notturna dello stadio cittadino, esposti li' a temperature che in estate sfiorano spesso i 50°C e d'inverno sono soggetti alle sferzate della tramontana che puo' gettare a terra un "adulto di essere umano nemmeno tanto gracile" e quando nevica, che temperatura ci sara' all'interno di quei nidi? Impariamo a stupirci anche per questo e non dimentichiamo che, se noi uomini abbiamo "inventato il piumone" e gli indumenti Hi-Tech per scalare gli "ottomila" e i sacchi a pelo per ..."dormire al calduccio in un crepaccio ghiacciato", non abbiamo fatto altro che copiare da loro, prendere il loro esempio e farlo "nostro" prendendo qualcosa (le piume, per esempio, ed il cotone purissimo con cui costruirne il morbido "guscio") dal mondo naturale e trasformarlo per le nostre esigenze...
Loro non hanno fatto altro che questo!
Ancora, ce la prendiamo con i pappagallini, ma magari tolleriamo di piu' la zanzara tigre che ci sta appestando le estati da qualche anno a questa parte e quasi "assolviamo" quella povera zanzara che, venuta fin qui in un aereo da qualche landa sperduta al limite di qualche deserto africano, pungendo sul naso il nostro cane gli trasmette la letale (se non presa in tempo!) "Leismaniosi"...
E che dire di quella povera puerpera che un anno fa circa, mentre allattava il primogenito di neanche un mese di vita, punta da un insetto - probabile zanzara - ha rischiato di morire per aver contratto una malattia rarissima, trasmessa da un batterio venuto dai Tropici, che andava ad attaccarle a poco a poco, attraverso il sangue, tutti gli organi interni fino ad arrivare al cuore! E i medici non sapevano, brancolavano nel buio piu' nero, finche' un primario del policlinico non ingrano' la marcia giusta e capi', ma solo dopo che altri lo avevano "incattivito" (il batterio!) somministrando antibiotici che non avevano avuto altro effetto se non quello di rinforzarlo e renderlo piu' brutale!!!